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La satira al vetriolo di Kurt Vonnegut

Inserito Venerdì 04 maggio 2007

Saggistica una biobibliografia di Marcello Bonati

Due sere fa hanno sparato a Robert Kennedy, la cui casa estiva si trova a dodici chilometri dalla casa in cui vivo tutto l'anno. È morto la notte scorsa. Così va la vita.
Un mese fa hanno sparato a Martin Luther King. È morto anche lui. Così va la vita.
E ogni giorno il governo del mio paese mi comunica il numero dei cadaveri prodotti dalla scienza militare in Vietnam. Così va la vita.
Mio padre morì molti anni fa, di morte naturale. Così va la vita. Era un uomo dolce. Era anche un fanatico di armi. Mi ha lasciato le sue armi. Si sono arrugginite.

(Kurt Vonnegut, jr., Mattatoio n°5)


Kurt Vonnegut è nato ad Indianapolis, nell'Indiana, l'11 novembre ‘22, dall'architetto Kurt Vonnegut e da Edith Sophia Lieber, terzogenito.
Kurt appartiene alla terza generazione dei Vonnegut nati in America.

I fratelli sono Bernard, fisico piuttosto famoso che lavora nella Società Little, a Cambridge, nel Massachusetts, e Alice, scultrice, morta di cancro a quarantun anni.

La famiglia Vonnegut perse quasi tutto il proprio patrimonio nella Grande Depressione del ‘29.

Kurt è sposato con Jane Marie Cox, da cui ha avuto tre figli, oltre ad averne adottati altri tre dalla sorella morta.

Ha studiato nelle scuole pubbliche di Indianapolis.
Nel ‘40 fu mandato alla Cornell University, a Ithaca, per laurearsi in chimica, ma ottenne brutti voti.

In questo periodo divenne direttore del Cornell Daily Sun, un quotidiano studentesco.
Poi fu chiamato sotto le armi.

Fece la guerra, e fu fatto prigioniero dai tedeschi, a Dresda.

Tornato, si sposò e andò a vivere a Chicago, alla periferia del ghetto negro, studiando antropologia all'Università di quella città, e lavorando come cronista di un quotidiano.
Fece poi il pubblicitario per la General Electrics Company, nello stato di New York.
Il lavoro non gli piaceva, ed è in questo periodo che incominciò a scrivere, metà “…stupide storie d'amore…” e metà Sf.
Lasciò quel lavoro e scrisse “Player Piano”, e si trasferì a Cape Code, una cittadina marina.
Ha scritto un centinaio di racconti, di cui solo una dozzina di Sf.

Ha scritto testi per la televisione e due commedie il teatro.

A Cape Code ha fatto anche il rappresentante di automobili e l'insegnante di letteratura.
Nel ‘92 entra a far parte della American Academy and Institute of Arts and Letters.

Considerato uno dei maggiori scrittori americani, è morto l’11 aprile 2007 “… per il trauma di una caduta che alcune settimane fa gli aveva procurato danni cerebrali irreversibili.” (Alessandra Farkas, “Corriere della sera” del 13/4/2007.)

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Andrea Giammanco, Siamo venuti al mondo per cazzeggiare, non fatevi convincere del contrario



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