Jim Cowan ci ha concesso gentilmente
un'intervista via Internet, questo che presentiamo è il risultato di uno scambio
di idee veramente interessante.
Nella tua home page ho letto che hai frequentato
il corso di Clarion, ci potresti dire qualcosa su quest'esperienza?
Clarion è un workshop per scrittori di fantascienza che dura sei settimane.
All'inizio si teneva a Clarion, in Pennsylvania, ma attualmente si svolge alla
Michigan State Unversity ad East Lansing durante l'estate. I partecipanti vivono
tutti assieme su uno stesso piano in un fabbricato per gli studenti.
L'ammissione al workshop è competitiva: gli scrittori presentano due racconti
brevi, o capitoli di romanzo e sono scelti in base a questi esempi del loro
lavoro.
Ci sono dai diciotto ai venti partecipanti al workshop ogni anno, di solito
si tratta di scrittori che hanno pubblicato una o due cose o che hanno ricevuto
lettere incoraggianti da parte dei curatori che hanno rifiutato loro opere.
C'è uno scrittore ospite ogni settimana e conduce le discussioni ed è
disponibile per incontri testa a testa con i partecipanti.
La formula è quella solita dei workshop, cioè la critica delle opere da parte
dei partecipanti. Sono criticate quattro opere per ogni mattina. Il gruppo si
siede a cerchio ed iniziando accanto all'autore tutti, a turno, fanno commenti
sul racconto: cosa funziona, cosa non funziona, perché e come si possono
migliorare le cose. Poiché si tratta di tutte opere di SF, gran parte dei
commenti si basano sulla plausibilità della scienza. Il direttore del workshop
commenta poi la storia e, alla fine, all'autore del racconto, cui fino a quel
punto è stato vietato assolutamente di parlare in quanto la storia deve parlare
da sé, è permesso di commentare su ciò che ha cercato di realizzare nella storia
e sulle interpretazioni degli altri membri del workshop.
Questo processo, che può essere molto stressante allorché una storia non
piace agli altri partecipanti, può essere molte stressante per uno scrittore
principiante. In ogni caso, l'unico modo per imparare a scrivere è di ascoltare
le critiche degli altri scrittori, accettarle e imparare da loro, in quanto sono
fatte da lettori esperti del genere.
Ho trovato il workshop proprio un'esperienza rinfrescante, per distaccarmi
dal mio lavoro quotidiano e il potermi permettere di non far altro che pensare,
scrivere e leggere per sei settimane è stato magnifico.
Mi sono avvicinato al workshop come all'opportunità unica nella vita per
scoprire cosa potevo fare come scrittore e deliberatamente mi sono messo a
scrivere esattamente ciò che mi piaceva, abbandonando tutti i miei sforzi
precedenti come altri autori pubblicati.
Durante le sei settimane di Clarion ho prodotto quattro storie: due fallite,
una è stato un successo straordinario e l'altra è stata mediocre. Il successo
straordinario è stato poi pubblicato su Century come Alderley Edge.
Nel suo insieme l'esperienza del workshop è positiva, probabilmente
essenziale, per lo scrittore che si trova agli inizi. L'avere il proprio lavoro
sezionato, forse anche vivisezionato, da parte d'altre persone ti fa realmente
comprendere cosa funziona e cosa no nella narrativa. Anche le idee più belle
hanno bisogno di una scrittura ben realizzata, prestando attenzione al
personaggio, al sentimento, all'ambientazione, alla trama, a dettagli autentici,
al ritmo e così via. Tutte cose che sono i ferri del mestiere e lo scrittore
principiante deve imparare come usarle.
Io sono un veterano dei workshop del Summer Writing Festival alla University
of Iowa (ci sono stato tre estati) e di un gruppo di lunga data a casa. Da
Clarion, comunque, non ho più partecipato a nessun workshop, in parte per
mancanza di tempo, ma anche perché arrivi ad un punto in cui devi camminare coi
tuoi piedi, devi essere il critico di te stesso.
Ne Il Giardiniere
il prete, il gesuita, dice qualcosa molto interessante: ...la
metafora è la poesia della ragione. Pensi che nella nostra società
ci sia ancora spazio per la metafora o stiamo forse entrando in una
società dell'icona.
Penso che ogni cosa che conosciamo, tutto quello che conosciamo, sia metafora. I
nostri sensi traducono in modo imperfetto il mondo esterno in esperienze
soggettive e queste esperienze interne (che sono metafore di ciò che la realtà
realmente è e che non potremo mai capire) rappresentano la totalità della vita
della mente.
L'idea che la metafora sia la poesia della ragione parla della mia delizia
personale allorché, avendo attraversato alcuni processi lineari di deduzione
verso una conclusione, realizzo di colpo che la conclusione è veramente 'come
qualcosa di diverso'. Provo un'enorme soddisfazione quando scorgo questi modi
traversi di collegarsi per cose apparentemente non correlate. La connessione è
ricca e bidirezionale, ed illumina entrambe, rivelando qualcosa che un esame di
entrambi gli oggetti da soli non potrebbe mai rivelare. Un esempio famoso
potrebbe essere la storia, probabilmente apocrifa, di Newton che osserva la mela
cadere e che nel guardare su vede la luna alta nel cielo e realizza che sia la
mela che la luna devono essere governate dalla stessa forza. La luna è come
una mela. La metafora rivela le strutture al di sotto della realtà e, per
questa ragione, la verità metaforica è una verità più profonda di una verità
derivata dall'osservazione. La poesia può dire, in poche righe, cose che non
possono essere dette in un lungo saggio.
Un'icona è un disegno o un'immagine che rappresenta qualcosa per una
similitudine con quella cosa. Per me, un'icona è una metafora limitata, a senso
unico, in cui un'idea complessa è rappresentata da una semplice immagine.
Suppongo che abbiamo sempre avuto icone nella società umana: l'alfabeto egiziano
o quello cinese, le immagini religiose, altre cose che non conosco.. Le icone
sono convenienze, ma penso che il nostro vero pensiero sarà sempre molto più
ricco e sarà metaforico piuttosto che iconico.
Non mi disturba l'idea della società dell'icona. Nella società umana
c'è sempre stata un'attività superficiale, comoda e relativamente spensierata.
E' la vita!
Be', pensavo a qualcosa che vedo in questi giorni:
ho un figlio di nove anni che, come molti suoi coetanei, non ama per
niente leggere, preferisce realizzazioni multimediali: leggere per lui
(per loro) è troppo difficile, è duro comprendere cosa si legge e a
volte trova difficoltà a comprendere l'azione che le parole descrivono.
Al contrario, con un film, per esempio, non trova problemi a capire
anche le parti più oscure e simboliche. Con società dell'icona
intendevo questa situazione e mi interessava perché trovo che tutti i
protagonisti dei tuoi racconti non sono personaggi che fanno cose, ma
sono personaggi che le raccontano.
Ora capisco meglio la domanda.
Ma prima vorrei indossare i miei panni di dottore (come saprai sono medico,
internista per la precisione, anche se attualmente passo quasi tutto il tempo
negli uffici amministrativi).
Ho una figlia di tredici anni che legge costantemente, anche se guarda pure
la televisione e i film. Accanto a noi vive una ragazza della sua stessa età ,
una ragazza proprio sveglia , va bene a scuola, ma quando viene da noi a vedere
un film non riesce proprio a capire cosa succede. E' una cosa che mi sorprende,
ma lei non ha proprio alcuna idea di cosa stiano facendo i personaggi e perché.
A casa, come mi dicono i genitori, non legge per niente, anche se è molto attiva
in altre cose, come musica o ginnastica.
Le persone sono differenti. Il cervello delle persone è strutturato
diversamente in modi così sottili che non riusciamo a comprenderli. Piccole
differenze nelle migliaia di miliardi connessioni tra i dieci miliardi di
neuroni nella nostra testa ci portano a differenze nel modo di comportarsi nelle
cose che ci piacciono e in quelle che non ci piacciono, che possiamo o che non
possiamo fare.
Rimettendo i panni di scrittore, ci sono metafore nei film come nei libri...
forse non tante nei film d'azione come dovrebbero, ma l'intera serie di Star
Wars, per esempio, è strutturata attorno a delle idee che vengono dagli scritti
di Joseph Campbell sul mito, una cosa antica quanto la stessa razza umana, e un
mito cos'è se non una metafora per cose che sono troppo profonde per noi?
La tua osservazione che tutti i miei protagonisti sono dei narratori è
proprio astuta. Nei suoi scritti sul mito, Joseph Campbell scrive del viaggio
dell'eroe, di come l'eroe sia di solito un innocente che va nel mondo per una
cerca, deve fronteggiare dei pericoli, viene trasformato e torna cambiato,
riportando un premio sorprendente che alla fine non usa né lui né nessun altro
perché il motivo di tutto sta nel viaggio e non nella destinazione.
I miei protagonisti sono eroi nel senso che sono andati fuori, nel mondo
esterno dell'esperienza e sono stati cambiati internamente . Come gli esseri
umani hanno fatto dall'inizio dei tempi, i miei protagonisti raccontano le
storie delle loro esperienze. Per me il raccontare delle storie è un tratto
molto, ma molto umano, l'abilità nell'entrare nel mondo esterno, trarre un senso
da ciò che trovi, da ciò che ti accade e poi riportare questa esperienza amorfa
in un racconto coerente con un inizio, un centro e una fine e un concetto, è una
cosa che gli esseri umani hanno fatto fin dal tempo dei primi uomini della
pietra che si sono raccolti attorno ad un fuoco. Per questo, per me il
raccontare è molto importante. Se non riesci a trasformare ciò che ti è successo
in una buona storia, allora non sei riuscito a cogliere il senso delle tue
esperienze.
Per di più, mi piace scrivere come se stessi raccontando una storia. Mi piace
perché posso esplorare tutto ciò che si trova nell'interno della testa del
protagonista e mostrare le sue preferenze e le sue stranezze senza parlarne
apertamente e mostrare anche come la sua visione del mondo sia limitata da
queste preferenze allorché metto cose nella storia che il narratore riconosce ma
che il lettore comprende molto meglio. Naturalmente tutto questo richiede un
lettore abbastanza astuto e, fortunatamente, io ne ho trovati.
Per quanto riguarda l'età dell'icona, penso che il piacere basilare dell'uomo
per una buona storia, secondo una traiettoria di narrazione con un inizio, un
centro e una fine, con un eroe che è coraggioso ma imperfetto, col bene e col
male, con temi sottintesi ed echeggiati con un ambiente e uno spirito che
riflettono la storia e, soprattutto, una storia che sia ben raccontata, penso
che ciò non cambierà. La progressione dalla presentazione orale a quella scritta
a quella visiva continuerà, ma ci saranno sempre delle storie orali e storie
scritte e lette e storie guardate su uno schermo e chissà quale altro tipo di
storie nel futuro. Ci saranno sempre storie perché all'essere umano piace
raccontare storie e gli piace ascoltarle. Noi siamo questo. Ci piace
spettegolare, essere divertiti, stare per un po' al centro dell'attenzione,
pensare a ciò che abbiamo sentito e a ciò che questo possa significare e poi
uscire per vivere la nostra vita come se fossimo anche noi eroi di una storia,
cosa che poi siamo: siamo tutti eroi nella storia delle nostre vite.
Be', non parlavo di tratti patologici nel comportamento delle nuove
generazioni. Mi sembra che le nuove tecnologie stiano cambiando il nostro modo
di raccontare una storia (e questa non è una né buona né cattiva), ma cambiano
anche il nostro modo di comprenderla. Le forze che hanno influenza sulla nostra
vita hanno anche il controllo di queste tecnologie, non pensi che i tuoi
protagonisti, usando l'abilità di raccontare una storia senza l'uso della
tecnologia, si liberino dal controllo della società?
La tua domanda è molto intuitiva. Anche a me piace raccontare storie quando
sto con altri. Mi piace stuzzicare il loro interesse, creare la scena,
prepararli all'epifania della storia, consegnargliela e poi aspettare la loro
reazione. Suppongo che se fossi vissuto all'età della pietra sarei stato il
narratore della tribù, intessendo storie nella notte per il cerchio di visi
avidi accoccolati attorno al fuoco.
Credo che oggigiorno ci siano grossi narratori: Steven Spielberg, altra gente
come lui. Tu hai ragione. Il potere della tecnologia viene usato nelle loro
storie per milioni di persone piuttosto che per una manciata di gente. Non so se
questa sia una cosa pericolosa in quanto anche nel passato la maggior parte
della gente non faceva il narratore ma ascoltava.
Più penso alla cosa e più credo che tu abbia ragione. Il narratore non
irreggimentato rappresenta una minaccia per qualsiasi elemento di controllo in
una società, Il narratore può comandare l'attenzione di qualsiasi circolo in cui
si trovi e far sì che la gente veda se stessa, e ciò che la circonda, in modi
nuovi. Un narratore può fare cose impreviste e quelli che sono ai posti di
controllo non amano l'imprevisto.
In qualche modo io racconto delle storie sul lavoro, per far capire le cose e
cambiare il modo in cui pensa la gente. Per presentazioni formali preparo
diapositive con le mie idee mescolate a fumetti, immagini o qualsiasi altra cosa
che serva a rendere l'idea. E carico le mie presentazioni con richiami sottili e
non-tanto-sottili al mito, all'emozione a qualsiasi cosa utile per arrivare al
punto. Per situazioni informali uso l'umorismo, richiami a cose che le persone
hanno detto in precedenza, appelli al senso del giusto e dello sbagliato delle
persone e così via, tanto per portare la gente a pensarla come me.
L'altra cosa che devo dire in risposta alla domanda è che scrivo in quello
che penso si possa definire punto di vista di "della seconda persona cui ci si
rivolge", cioè il mio protagonista racconta una storia e si rivolge al lettore
col "tu". Mi piace fare questo in quanto posso essere totalmente all'interno
della testa del narratore ma allo stesso tempo cerco di far trattenere (senza
successo) delle informazioni da parte del personaggio narratore, interpretare
male le cose, rivelare le sue preferenze e i suoi pregiudizi e attraverso questi
espedienti illuminare il carattere del personaggio al lettore allo stesso modo
in cui scopriamo il carattere della gente nel mondo reale, attraverso le loro
scelte, preferenze, omissioni e bugie .
Quando ti ho chiesto di tradurre 'The
Central Mechanism' hai affermato che non
eri molto sicuro che il lettore italiano avrebbe capito l'ambiente della
Bible Belt. Ma, poiché l'essere bigotti è una cosa universale hai
pensato che non fosse un grosso problema. Ne
Il meccanismo centrale
abbiamo il fondamentalismo nel mondo universitario, ne
Il giardiniere
abbiamo il fondamentalismo della chiesa cattolica, in
Genetic Moonshine
abbiamo il fondamentalismo della polizia Pasteur. Ogni volta il
fondamentalismo è connesso con la classe che ha il potere nella società
E casuale la cosa? (Ho molti dubbi!!)
Ancora una volta hai proprio ragione con la tua osservazione sul rapporto tra
fondamentalismo e potere nelle mie storie.
Personalmente non mi piace che mi venga detto cosa fare. Fin da piccolo ero
così. Anche quando sbaglio sono così. Valuto la mia libertà personale in modo
così alto che preferisco vivere con le conseguenze per essermi sbagliato
piuttosto che accettare che qualcuno mi dica cosa devo fare. Crescendo ho
imparato, battendo la testa pesantemente, a misurarmi meglio nel prendere
decisioni e a trovare amici credibili e ad ascoltare i loro consigli. Ma nel
profondo odio che la gente mi dica cosa fare.
Con una personalità come la mia, ed essendo americano, credo fermamente che
il miglior governo sia quello che governa meno. E questo è vero ad ogni livello
della società umana. Il potere corrompe e il potere assoluto corrompe in modo
assoluto e così via. Per di più, in un mondo in rapido cambiamento come è il
nostro l'innovazione non viene da coloro che detengono il potere in quanto hanno
sempre l'interesse a mantenere lo status quo. L'innovazione, migliori idee e
migliori modi di vita, vengono sempre dai giovani, dagli esclusi da qualcuno che
pensa dal di fuori.
Per questo preferisco i deboli, i rivoluzionari, i dissidenti, il lamento
sotto il peso dell'autorità. Da giovane proponevo la rivoluzione violenta, ma
ora che ho visto le sofferenze che accompagnano la violenza non sono più di
questa idea. Ma propongo ancora la rivoluzione attraverso il pensiero, una
rivoluzione in cui le armi sono le buone idee, la battaglia è vinta da quelli
che hanno le idee migliori e che riescono a comunicarle meglio, e in cui il
successo è segnato dalla descrizione di Tennyson della morte di Re Artù: "The
old order changeth, giving place to new" (Cambia il vecchio ordine, lasciando il
posto al nuovo).
E' per questo motivo che i miei personaggi sono sempre degli outsider che
sfidano l'autorità, non attraverso atti violenti, ma con l'essere più
intelligenti, più impegnati, più coraggiosi. Suppongo che sia anche per questo
motivo che le loro vittorie sono tutt'altro che complete, perché la cosa
importante è che trionfi l'idea, non l'individuo.
Sono rimasto affascinato da Internet appena ho scoperto cos'era. Mi piace
enormemente l'idea che chiunque, assolutamente chiunque abbia accesso a un
computer, a una linea telefonica e a un modem, possa pubblicare qualcosa che può
essere letto da cento milioni di persone. Nella mia comunità, un ragazzo che
veniva angariato e male istruito da un insegnante incompetente ha messo su una
pagina web sull'insegnante. E' stato espulso dalla scuola e c'è stato un gran
rumore attorno alla cosa perché gli insegnanti e il consiglio d'istituto erano
seriamente minacciati da questa auto pubblicazione. Il ragazzo aveva commesso
l'errore di mettere nel sito minacce fisiche, il che è stato la causa della sua
espulsione. Ma se si fosse limitato a mettere in ridicolo l'insegnante per
essere un'idiota pubblicando prove su ciò che lei aveva detto e fatto, l'avrebbe
avuta vinta. Ma il vedere il panico a livello di scuola e di consiglio
d'istituto causato da questa auto pubblicazione, be', è stato impressionante e
molto soddisfacente per qualcuno che la pensa come me. L'autorità che viene
accusata in pubblico nel modo più diretto.
Secondo me questa capacità all'auto pubblicazione avrà un enorme impatto. Nel
mio lavoro come medico e manager sanitario vedo che la pubblicazione di
informazioni sulla salute sta cambiando il modo in cui la gente si riguarda e la
pubblicazione di informazioni sui risultati di dottori, ospedali e sistemi
sanitari sta rendendo il sistema di prevenzione molto più attendibile, il che è
una buona cosa.
Altre storie che ho scritto e che non sono in linea hanno in sé la stessa
premessa sull'autorità. Una è su Alan Turing che era, oltre che un genio, un
outsider se mai ce n'è stato uno. L'altra è su un uomo che forse è pazzo, ma che
probabilmente non lo è, e sulla sua ricerca di Dio attraverso i numeri.
Hai citato Internet; ne
Il meccanismo centrale
c'è una frase che trovo particolarmente interessante: Una volta che
un'idea è là, è là. Ma molto dopo dell'idea che le idee che sono là
hanno una vita propria. Parli della pericolosità della diffusione
delle idee, ma parli anche delle nuove opportunità di lavoro di gruppo
(per esempio il progetto SETI). Quale pensi possa essere il futuro di
Internet.
Personalmente non penso che l'idea che le idee si diffondano con una vita
propria , come le cose, sia pericolosa. Penso sia meravigliosa. Il narratore de
Il meccanismo centrale credo che in qualche modo parli cinicamente quando usa il
termine pericoloso perché si riferisce al pericolo per il modo di pensare
fondamentalista che è, per definizione, basato su qualche idea che è immutabile.
Mentre una nuova idea minaccia le basi stesse del pensiero fondamentalista, io e
il narratore siamo d'accordo nel dire che il mezzo più potente per cambiare il
mondo in meglio sia una nuova idea. Come è stato detto da qualcuno, il mezzo più
pratico al mondo è una buona teoriaIn questo momento non mi viene in mente chi è
stato a coniare la parola meme per indicare un'idea, ma mi affascina l'analogia
di un'idea che si diffonde allo stesso modo del DNA nello spazio e nel tempo
attraverso un intreccio di ripetizioni attente e senza errori mentre, alo stesso
tempo, riesce ad incorporare e ad usare l'innovazione e l'ammodernamento che
sorgono dalle mutazioni.Per quanto riguarda Internet, è la cosa che lo fa
meglio. Permette una perfetta replica (e in modo economico) ma allo stesso tempo
lascia lo spazio alla mutazione illimitata. La differenza tra l'inchiostro sulla
carta e le parole sul monitor la dice tutta: uno può essere copiato con
difficoltà e non potrà essere cambiato, mentre l'altro può essere copiato con la
massima facilità e la persona alla tastiera può cambiarlo facilmente e quando
vuole.
Penso che la rete sia una cosa meravigliosa che amplierà la nostra capacità a
scambiare idee l'uno con l'altro, accelerando il processo di distillazione delle
idee migliori. Naturalmente la rete può essere usata per trasmettere scemenze di
ogni tipo, ma non si tratta altro che del rumore di fondo della storia e non si
potrà mai eliminarle e non faranno mai veramente la differenza.
Quello che mi piace della rete:
- è veloce. Posso spedire qualcosa ad un amico e lui rispondermi e io
replicare e lui replicare di nuovo... tutto nel giro di poche ore. Questo è
progresso!
- permette l'auto pubblicazione. Mi piace veramente il modo in cui la rete
supera il controllo editoriale dei media classici. Per il fatto che lo
spazio su disco e l'accesso alla rete sono tanto economici che tutti possono
pubblicare tutto ciò che vogliono. Se le idee sono banali non le leggerà
nessuno, ma la nuova idea fiammeggiante che non trova posto nei mass media
può trovarlo nella rete. Una volta là sta poi all'idea il compito di
diffondersi.qui negli USA molte riviste, giornali e stazioni TV sono nelle
mani di una manciata di multinazionali. La rete è un modo di aggirare questo
controllo. Penso che vedremo un aumento nell'uso della rete per rendere
individui, multinazionali e organizzazioni responsabili in modi e maniere
che i mezzi di massa non possono adottare, in quanto sono costretti a
focalizzarsi su poche grandi idee e non su milioni di piccolissime. Una
pagina web che descrive i misfatti di una organizzazione in teoria può
essere letta da cento milioni di persone in tutto il mondo. Anche se nessuno
legge la pagina, la semplice minaccia di questa pubblicità negativa può
generare una risposta da parte di grosse organizzazioni altrimenti
irraggiungibili. Sotto questo aspetto vedo la rete come un mezzo per passare
il potere da grosse organizzazioni. Questo è un bene.
- con l'aumento di rivenditori e fornitori di beni e di servizi che
passano alla rete, il consumatore avrà una scelta sempre maggiore rispetto
all'andare ad un centro commerciale. C'è poi anche la possibilità di beni e
servizi adattati all'individuo, un'altra cosa ottima. Per esempio, sono alto
un metro e sessantotto e peso 61 chili. Se vado in un negozio per comprare
vestiti non trovo quasi niente scelta per quanto riguarda stoffa e perché
c'è poca roba della mia taglia. Per me, comprare da un catalogo oppure
on-line, mi offre molte più possibilità. Per la stessa ragione non compro
quasi più libri o CD in un negozio perché posso trovare qualsiasi libro in
circolazione, e molti che non lo sono più, da venditori on-line come Amazon
o Powell e averli in mano nel giro di pochi giorni.e non sto neppure a
parlare dell'impatto della rete su società oppressive minacciate dalla
rivoluzione. Penso che questo sarà un tema importante nella politica del
ventunesimo secolo.
Se lo scopo della vita è di rendere la vita un luogo migliore, che è ciò che
penso, allora le nuove idee sono lo strumento, forse lo strumento più
importante, per effettuare il cambiamento. Se il cambiamento è buono, allora le
nuove idee sono essenziali e occorre che si diffondano velocemente. Una buona
idea avrà una vita propria, ma la velocità di diffusione dipende dall'ambiente
comunicativo in cui si trova. Per esempio, nel medio evo un viaggio da Roma a
Londra durava molte settimane per strada, oggi dura qualche microsecondo
attraverso la rete. Questa accelerazione di milioni di volte del ritmo di
metabolismo mentale aumenterà la velocità del processo dell'identificazione e
dell'uso delle buone idee e del rifiuto di quelle inutili.In definitiva penso
che la rete abbia un futuro, le implicazioni di questo futuro sono impossibili
da immaginare, ma in massima parta ci aiuteranno a rendere il mondo migliore. E
poi a me piace soprattutto la tecnologia che ci sta dietro, ma questo è perché
sono un maniaco.
Grazie per la disponibilità.
Cenni biografici
Genetic Moonshine
Il giardiniere
Il meccanismo centrale
Alderley Edge