BUZZATI Dino
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Nato a San Pellegrino (Belluno) il 16 ottobre 1906, risiederà a Milano. Si laureò in Legge. La sua grande passione era la montagna. Dopo la parentesi del servizio militare, compiuto come ufficiale di complemento, nel luglio del '28 entra, in seguito a regolare domanda di iscrizione, come cronista, al "Corriere della sera", e qui vi lavorerà fino alla morte. In questo periodo cominciò a scivere il suo primo libro, "Bàrnabo delle montagne", che venne pubblicato nel '33. Due anni dopo pubblica il suo secondo libro, "Il segreto del bosco vecchio". Nel '40 appare il suo primo vero romanzo, "Il deserto dei tartari", che gli diede la notorietà. Contemporaneamente, da redattore notturno, passa alla mansione di inviato speciale, ed è proprio ad Adis Abeba che riceve la notizia della pubblicabilità del suo lavoro. Lì si ammalerà di tifo e tornerà a Milano. Allo scoppio del conflitto mondiale parte come corrispondente di guerra su un incrociatore, e vi resterà fino alla fine dei combattimenti, partecipando ad alcuni fatti d'armi. Nel '42 pubblica due raccolte di novelle, "Prime storie di guerra" e "I sette messaggeri". Alla fine della guerra, pubblicò "La famosa invasione degli orsi in Sicilia", storia fantastica per bambini, e "Il libro delle pipe", anch'esso fantastico; tutto ciò mentre esplodeva il neorealismo. Nel '50 pubblica "In quel preciso momento", raccolta di appunti e di brevi divagazioni. Le raccolte successive sono "Paura alla scala", '48, "Il crollo della Baliverna", '54, "Esperimento di magia", '58 e "Sessanta racconti", '58. Nel '60 appare il suo secondo romanzo, "Il grande ritratto", che si può tranquillamente definire di fantascienza, e nel '63 il terzo, "Un amore", dal quale, nel '65, è stato tratto un film omonimo, diretto da Gianni Vernuccio, con Agnès Spaak, Rossano Brazzi e Gérard Blain. Del '69 è "Poema a fumetti", (ed. Mondadori, 2001) in cui si uniscono la vena letteraria e quella pittorica. A sessant'anni, l'8 dicembre '66, si sposa con una ragazza molto più giovane di lui; Almerina. Le ultime raccolte di racconti sono "Il colombre", '66, e "Le notti difficili", '71. I migliori risultati degli ultimi anni li ottiene nella pittura, e la sua ultima opera letteraria fu "I miracoli di Val Morel", una raccolta di tavole ex voto, completate da didascalie. Morì a Milano, il 28 gennaio '72, a sessantacinque anni, ucciso in pochi mesi da una misteriosa forma di cancro.
Ora, la sua attività di giornalista è ampliamente esaminata nel volume "Buzzati giornalista", ed. Mondadori, 2001, a cura di Nella Giannetto, mentre in "Le cronache fantastiche", a cura di Lorenzo Viganò, ed. Mondadori, 2003, troviamo, appunto, i suoi articoli più... fantastici; in "Sette" del 13 novembre 2003 ve ne è uno in estratto: "Caro lettore, passa gli ultimi minuti della tua vita con me".
Romanzi: "Barnabò delle montagne", '33, "i Garzanti" n. 442, ed. Garzanti, '64, '77, "Oscar narrativa" n. 1416, "Scrittori italiani", ed. Mondadori-tradotto in francese, da M. Breitman, come "Bàrnabo des montagnes" (Laffont, 89), in portoghese, da R. Braamcamp, come "O homen da mantanha" (Europa-America, ‘60) e in rumeno, da A.D. Giurescu, come "Bàrnabo, omul muntilor" (Pentru pădurii, ’68)
"Il segreto del bosco vecchio", '35, "i Garzanti" n. 442, ed. Garzanti, '64, '77, "Master junior" n. 5, "Oscar narrativa" n. 1319, ed. Mondadori, '94, 2010-tradotto in francese, da M. Breitman, come "Le secret du bosco vecchio" (Laffont, ‘59), in rumeno, da A.D. Giurescu, come "Secretul pâduriie" (Pentru pădurii, ’68), in spagnolo, da A. Espina, H. Ferro e R. Olivar (G.P., 67) e in tedesco, da B. Kienlechner, come "Das Geheimnis des Alten Wäldes" (Fischer Taschenbuch, ’89)
"Il deserto dei tartari", '40, "La medusa degli italiani", "I narratori italiani", "Oscar" n. 40, "Scrittori italiani e stranieri", "Oscar narrativa" n. 53, "I miti del novecento" n. 7, ed. Mondadori, '45, '56, '66, '69, '87, 2000, "Sintesi. Letteratura", ed. Vallardi, 2002-tradotto in bulgaro, da H. Stoinov, come "Tatarskata pustinja" (Norodna cultura, ’81), in ceco, da E. Zaoralová, come "Láska; Tatarská poušt" (Klub čtenèřů odeon, ’89), in croato, da J. Belan, come "Tatarska pustinija" (Otokar Kersovani, ’72) e (Svencilisna naklada liber, ’82), in danese, da A. Lagoni Danstrup, come "Tatarernes ørken" (Chr. Erichsen, ’79), in ebraico, da M. Schusterman, come "Midbar ha-tatarim" (Zmora e Bitan, ’87), in finlandese, da U.-K. Jokinen (Helsinissä kustannusosakeyhtiö otava, ’84), in olandese, da D. Ouwendijk, come "Eenzame vesting" (Standaard-boekhandel, '55), e come "De Tartaarse woestijn" (Moussault’s uitgeverj, '72), in persiano, da S. Habibi, come "Biyâbân-e tâtârhâ" (Nil, ’71), in polacco, da A. Pałłasz, come "Pustynia tataróv" (Państwowy instytut wydawniczy, ’77), in slovacco, da M. Jurovska, come "Tatārska pūšt” (Slovensky spisovatel, ’77) e in sloveno, da V. Šav, come "Tatarska puščava" (Mladinska knjiga, ‘79)
"Il grande ritratto", 1960, "Narratori italiani" (4 edizioni), "Scrittori italiani e stranieri" (2 edizioni), "Oscar narrativa" n. 373, ed. Mondadori, ?, ?, '81-tradotto in giapponese, da K. Waki e K. Matsutani, con "Paura alla scala" (Sukaraza no kiōfu) e "La corrazzata Tod" (Senkan "Shi"), come "Idai naru gen-ei" (Hayakawasshobo, ’68), in rumeno, da C.M. Ionescu, come "Marele portret" (Tineretului, ’69), in russo, con "Il deserto dei tartari" (Progress, ’89) e in spagnolo, da D. Pruna, come "El gran retrato" (Plaza & Janes, ’62)-finalista (3°) premio "Italia" '82, miglior romanzo fantasy
Antologie: "Restless Nights: Selected Stories of Dino Buzzati", ed. North Point Press, '83, tr. Lawrence Venuti
"The Siren", ed. North Point Press, '84, tr. Lawrence Venuti
Racconti: "Cacciatori di vecchi", in “Il Colombre", "Narratori italiani" n. 145, "Scrittori italiani e stranieri", "Oscar narrativa" n. 1235, poi in "Il 2° libro dell’orrore", "Omnibus gialli", in "180 racconti", "SuperOmnibus", ed. Mondadori, ’66, ’73, ’78, ’82, ’92 e "Racconti del terrore", a cura di Alvaro Torchio, "Narrativa scuola", Loescher, ’94-in un futuro tipicamente regredito, i giovani, in bande, danno la caccia, di notte, ai vecchi. Considerati tutti coloro che abbiano superato i quaranta.
Il normale rancore, dei giovani per i vecchi, dovuto al considerarli "…responsabili delle loro scontentezze, malinconie, delusioni, infelicità, così tipiche, da che mondo è mondo, della giovinezza…. finalmente esplodeva" (pag. 410).
E c’è, brevissima, la considerazione sociologica: "I giornali, la radio, la televisione, i film gli avevano dato corda." (idem); come a dire: tutta la violenza a cui permettiamo che i giovani possano assistere, è negativa.
Il racconto è proprio una di queste "caccie all’uomo", che si conclude nella più buzzantiana delle maniere, con questi giovani che, improvvisamente, vedono chiudersi alle loro spalle la porta della giovionezza, per ritrovarsi “vecchi”, e, da cacciatori, diventare prede: "La giovinezza, la spavalda e spietata stagione, sembrava che dovesse durare tanto, sembrava che non dovesse finire mai più. E a bruciarla era bastata una notte" (pag. 415).
Anche se è normale, che i giovani abbiano in odio i vecchi, si potrebbe arrivare a riuscire a capire che, in fondo, è un po’ come odiare se stessi. (pagg. 409-415, ed. "Omnibus gialli")
"Sette piani", in "Notturno italiano", vol. 2°, "Albatros", ed. Riuniti, '84-ne è stata tratta la commedia "Un caso clinico"
"Happening a Sparta", "Corriere della sera" del 20/2/’66, poi 26/9/2006-surreale, di quel surrealismo che solamente Buzzati seppe scrivere, racconta di un paese immaginario, chiamato appunto Sparta, nel quale "La paura della morte… solitamente così fastidiosa, è stata non dico abolita, ma ridotta… di almeno il novanta per cento…" (pag. 60). Di una sua festa, passatempo fra i più frequenti, in quel paese, nella quale questa noncuranza, della morte, si manifesta appieno. Le porte vengono chiuse, nessuno può uscire, e un "vescicone", pieno di un gas mortale ed un insetto volante letale, comincia a premere gli invitati. Gli stranieri protestano, ma gli spartani si divertono un mondo. È prevista una morte, che avviene, per la puntura dell’insetto. E "Non ci fu un grido, un singhiozzo, una celebrazione. Anzi, passato il rischio la gaiezza riprese fiato." (pag. 61). Davvero notevole. (pagg. 60-61, ed. 2006)
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