Magie e stregoni
"Enciclopedia della fantascienza" n. 14, ed. Fanucci, '85, 461 pagg., 30.000 £ (15,49 €); © by
Fanucci Editore
HEROIC FANTASY
Altri contributi critici: recensione di Tullio Bologna, "Sf...ere" n. 5/'86 (44)
Eccoci dunque alla seconda di queste antologie di Heroic fantasy italiana edite dalla Fanucci, anche questa fuori catalogo.
Bisogna senz'altro dare atto alla casa editrice romana e a Gianni Pilo di avere, con questa iniziativa, aumentato notevolmente le possibilità di uno sbocco professionale
per i nostri autori di fantasy, e di averlo fatto in una veste editoriale eccellente.
Il volume si apre con una breve e leggera introduzione del curatore, per proseguire con un buon saggio di Sebastiano Fusco: "Il sogno degli eroi" (pagg. 13-21), che prende in considerazione i rapporti fra Heroic Fantasy e sogno, con alcune considerazioni interessanti: "Come il sogno, la fantasia eroica italiana ignora tutte le varie considerazioni e trascura perfino la verità storica, incisa nel flusso del tempo, per instaurare un reale alternativo modellato non sulle strutture del verosimile, ma sugli impulsi più profondi della libera fantasia....(le) tipologie narrative della fantasia eroica... possono considerarsi tratte dal simbolismo onirico che fermenta in ognuno di noi... (il) tessuto onirico-simbolico è la principale fonte di fascino della fantasia eroica... simboli universali che... fanno vibrare nel profondo del
nostro spirito corde nascoste..." (pagg. 19-20). Mi sembrano evidenti echi junghiani, in questo discorso.
A questo articolo si collegano due appendici, la prima che riporta varie idee del sogno, dalle Upanishad a Jung, e la seconda che tratta di alcuni "casi" in
cui: "...il sogno può essere suscitato, pilotato, e sfruttato a vantaggio del corpo e dello spirito." (pag. 27).
Il volume è poi, ancora una volta, splendidamente illustrato da Alessandro Bani.
A concludere vi è un altro saggio, "World & sorcery: parola magia", di Giuseppe Lippi (pagg. 437-461), che fa un lungo ed accurato excursus sull'Heroic Fantasy in generale, partendo dalle origini, fino a trattare delle H.F. prima inglese, soffermandosi un pò più approfonditamente su Tolkien, e poi americana, dedicando un lungo capitolo a Howard.
Conclude mediando le due, secondo lui, più autorevoli opinioni sulla natura dell'H.F. dei nostri critici, quelle di Riccardo Valla ed Alex Voglino, dicendo: "...la fantasia eroica... non fa che concretizzare, o "reificare", quella dimensione di spiritualità e arcana simbolica che le deriva dalla vecchia tradizione cavalleresca, o addirittura dal mito." (pag. 460).
Ma cominciamo ad esaminare i racconti.
Si comincia con "I tre sei del maligno", di Donato Altomare (pagg. 39-60); nell'ormai piuttosto varia produzione di Altomare ci sono anche due cicli di Heroic Fantasy, quello dell'Artiglio, con alcuni racconti apparsi
sulle antologie della Solfanelli del premio Tolkien, e quello del Cavaliere di Tau, di cui questo racconto fa parte.
Piuttosto scadente, narra della solita battaglia fra l'eroe buono e le forze del Male per salvare una fanciulla, anche se il finale riserva una sorpresa che comunque non
eleva di molto la pochezza dell'insieme.
C'è poi "Il re dei lupi", di Claudio Asciuti (pagg. 63-109); anche questo racconto fa parte di un ciclo, di cui fa parte anche il racconto "Giulio l'uccisore" di cui abbiamo parlato per il precedente volume.
La qualità narrativa di Asciuti è, come sempre, superba, con una capacità di avvincere il lettore che ha dello straordinario,e un lirismo che per lunghi tratti è
veramente mirabile.
Il plot di questo racconto è incentrato sui Licantropi, ma è il conflitto interiore del protagonista ciò che risalta di più, accostando questo eroe al Campione Eterno
di Moorcock.
Si prosegue con "Luthien", di Tullio Bologna (pagg. 113-46); c'è molto poco di Heroic Fantasy in questo racconto ambientato ai nostri giorni.
Vi si narra, infatti, del risveglio della vera personalità in una ragazza, a seguito di una seduta spiritica.
Solo che questa personalità vera è quella di, appunto Luthiem, un personaggio tolkeniano.
Il bello di questi racconti che partono dal quotidiano è il progressivo slittamento nel fantastico, cosa che, di norma, non vi è mai nei racconti di Heroic Fantasy,
ambientati fin dall'inizio in mondi fantastici.
-"Acta de parusia", di Domenico Cammarota (pagg. 149-64); decisamente crudo, come ormai siamo abituati per i racconti del Cammarota, con tanto sesso, sangue e
violenza, è comunque molto meno fantastico di quello del precedente volume; un Sabba infernale e, nel finale, un Inquisitore che diventa imbattibile per aver bevuto dal: "...ciborio del Santo Sangue." (pag. 161). Sono gli unici elementi propriamente fantastici.
-"L'alba della vendetta", di Mariangela Cerrino (anche in "Anvernel dimenticata", "Pulp" n. 14, ed. Pulp, '86; pagg. 167-201); veramente notevole, fa parte anche questo di un ciclo, quello delle Storie dell'Epoca di
Mu.
Dico notevole soprattutto per quanto riguarda lo stile, una prosa ricca, un sapiente scavo psicologico dei personaggi, più in generale, la perfettamente riuscita
costruzione di un mondo esotico, nei dettagli.
Per quanto riguarda l'idea, direi che per uno che non abbia letto altro di questo ciclo risulta difficile delimitare quanto accade, ma che l'estraneità degli usi e
costumi che stanno alla base della vendetta su cui si impernia la trama, la rendono senz'altro interessante.
Un solo accenno alla civiltà Mu: "...apparati che i Mu avevano donato agli umani millenni prima, e che gli umani sapevano riprodurre nella meccanica, ma non nell'energia." (pag. 182). Che comunque, come ho detto, aiutano troppo
poco ad inquadrare lo sfondo.
-"Larrabee", di Adalberto Cersosimo (pagg. 205-28); ennesimo racconto facente parte di un ciclo, quello dell'Impero.
È ambientato in un mondo che mi sembra di poter dire futuro, in quanto si nominano gli Antichi, di cui si preservano alcune meraviglie, come il cannocchiale: "...un oggetto degli antichi di forma cilindrica..." (pag. 218), o l'acciarino, e che potrebbe essere identificato come post-atomico, forse, visto che la trama si basa proprio su delle mutazioni, considerate, in quella civiltà, come la magia era considerata dall'Inquisizione, qui rappresentata dal Braccio Tutelare, che perseguita tutti i diversi. Larrabbe è appunto una Diversa: "Io sono una diversa dotata di una tremenda forza che non sempre controllo in modo saggio. Posso guarire le infermità, ma, in certi casi, anche procurarle." (pag. 220).
Il Ciclo, sembra, è una serie di racconti del narratore-protagonista, Ragno.
-"La regina dal manto scarlatto", di Enzo Conti (pagg. 231-62); anche questo, come quello del Conti del precedente volume, fa parte del ciclo di Alinor di Serengon, e ne costituisce senz'altro uno degli anelli più importanti. Come ormai sappiamo, i racconti di questo ciclo sono ambientati in un mondo post-Diluvio, un disastro di cui si sa poco, ma che segna un nettissimo distacco.
Ad Alinor, la protagonista, è stato affidata, dalle Custodi, una spada, Nahor del Tumulo, che vive di una semi-vita propria, e che la conduce/viene chiamata, presso uno
dei popoli sopravvissuti al Diluvio, gli Ainn, le Vergini della foresta.
Ed è proprio qui che avviene il cambiamento che rende questo episodio interessante, e cioè l'incontro di Alinor con il suo doppio antidiluviano, il risvegliarsi in lei di ricordi ancestrali, che faranno d'ora in poi di lei una persona totalmente diversa. Da notare che le caratteristiche di semi-vita della spada e il fatto di essere chiamato da un popolo sono elementi tipicamente
moorcockiani.
-"Lo scettro del dolore", di Franco Forte (pagg. 265-302); piuttosto bruttino, parte di una serie di tre racconti di H.F. di Forte, di cui abbiamo avuto modo
di parlare a riguardo del suo finora unico romanzo, "Gli eretici di Zlatos", e che avrebbero potuto fare parte di un altro romanzo, mai completato.
Una banalissima lotta fra Bene e Male, non definiti nè caratterizzati, tra Dèi e Demoni, con gli Eroi che sono, ancora una volta banalmente, due amanti, per nulla approfonditi, vuoti psicologicamente.
Anche lo stile è piuttosto scialbo.
-"Jussania", di Daniele Mansuino (pagg. 305-18); un buon racconto di Fantasia Heroica umoristica, decisamente esilarante, a cavallo fra il tipico mondo di H.F., in un futuro di astronavi, ed il presente della mia Milano, con tanto di metropolitana e Cartier, e un'idea di base davvero non male.
-"Gli anfibi di Maahr", di Gianni Pilo (anche in "Sf...ere" n. 17, '81, "Cosmo informatore" n. 1/'83, ed. Nord; premio Italia '82; pagg. 321-35); anche in questa antologia il curatore pubblica un suo racconto, e anche qui la presentazione è di Sebastiano Fusco.
È un racconto molto noto, che ha vinto anche il Premio Italia, ma rimane, comunque, come abbiamo già detto, un racconto puerile, soprattutto in quanto a stile.
Ed è Science Fantasy, più che Heroic Fantasy, facendo parte del Ciclo della Storia Galattica come il precedente.
-"Vineta", di Miriam Poloniato (pagg. 339-54); una sacerdotessa fugge per preservare un fuoco sacro, e la narrazione prosegue senza grossi sbalzi, con qualche
incantesimo stupefacente, ma soprattutto con un ritmo soft, e in uno stile tranquillo e lineare.
-"La lunga ombra della notte", di Mariano Rampini (pagg. 357-81); ambientato nello stesso mondo de "L'ultima stazione" ("Sf...ere" n. 12, '80), è un racconto lento e malinconico, che narra dei: "...due ultimi
Ninja, i Signori delle Strade dell'Esercito Imperiale..." (pag. 373), in un mondo che, comunque, rimane, qui, difficilmente collocabile, unico elemento informativo la presenza delle Porte che portano in altri mondi, pianeti o
dimensioni che siano, oltre al fatto centrale della rivisitazione della filosofia e delle usanze giapponesi.
-"Il monaco", di Marco Verzini (pagg. 385-404); un buon racconto d'azione, che narra della fredda vendetta dell'ultimo Monaco Guerriero Khan, un ordine votato agli: "...Antichi Dei, sprofondati nel sonno eterno all'arrivo degli uomini e delle giovani divinità che li proteggevano." (pag. 404), con capacità di autocontrollo e di combattimento favolose, oltre ad una buona dose di magia.
In ultimo, "Luci di cristallo", di Gianluigi Zuddas (pagg. 407-33); divertente racconto ambientato nello stesso mondo di un lontano futuro di quello della precedente antologia, è tutto tenuto su di un tono scherzoso che però non stanca.
Si viene qui a sapere dell'epoca in cui si svolgono gli avvenimenti narrati: gli studiosi di una arcana scienza, la Biomanzia (Biologia): "...scoprirono il modo di alterare la vita animale e vegetale. Adducendo la scusa di fare il bene
dell'umanità essi avvelenarono la natura e la contaminarono, dando così un tragico inizio agli orrori dell'Apocalisse." (pag. 428).
Per concludere, direi senz'altro che il livello medio è piuttosto alto, anche se Altomare, Forte e Pilo lo abbassano notevolmente, mentre racchiude dei veri e propri gioiellini, come i racconti di Asciuti e della Cerrino.
Originariamente in "Alpha Aleph Extra" n. 1, agosto '93
Le altre antologie heroic fantasy della Fanucci, in ordine cronologico:
"Spade e incantesimi"
questa
"Eroi e sortilegi"
"Daghe e malie"
Vedi anche "Le spade di Ausonia", "I guerrieri di Ausonia", "Fantasia eroica italiana" e "Le armi e gli amori"
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