Spade e incantesimi
"Enciclopedia della fantascienza" n. 12, ed. Fanucci, '84, 406 pagg., 28.000 £ (14,46 €); © by
Fanucci Editore
HEROIC FANTASY
Altri contributi critici:
-recensione di Giorgio Sacconi, "L'altro regno" n. 1, ed. Solfanelli, '85, pag. 25
-recensione di Mariella Bernacchi, "Intercom" n. 63, '84
È questa la prima antologia della Fanucci, curata da Gianni Pilo, dedicata a racconti italiani di heroic fantasy.
Bisogna innanzitutto dire che questa non è la prima iniziativa che si sia occupata di questo sottogenere; infatti nell''82 la piccola Cooperativa Editoriale
napoletana Akropolis propose due pregevoli antologie contenenti ciascuna tre romanzi brevi proprio di heroic fantasy di autori italiani, "Le spade di Ausonia" e "I guerrieri di Ausonia", anche ottimamente corredate
criticamente.
In quanto a corredo critico, certo, salvo qualche collana che fa eccezione, la Fanucci ci ha abituati assai bene, e questo volume non fa eccezione.
Infatti, oltre alla curazione di Gianni Pilo, che consiste in una breve introduzione, in una presentazione di Alessandro Bani le cui tavole adornano il volume, e le
presentazioni ai singoli racconti, vi sono ben tre ponderosi saggi; il primo è "Heroic Fantasy: la trasgressione totale", di Sebastiano Fusco (pagg.
13-19), in cui si fa un discorso davvero interessante e direi molto chiarificatore su quell'argomento per tante volte dibattuto di quale sia quel qualcosa che differenzia la Sf dalla fantasy (ricordo l'ultima Italcon!), per
poi passare più in specifico a parlare di quest'ultima, facendo un'ottima analisi del perchè e del percome la fantasy non sia del tutto "trasgressiva", ed indicando nell'ambientazione all'interno della storia, e non in un non-tempo astorico, dell'heroic fantasy, la sua trasgressività totale.
Purtroppo il tutto è rovinato dall'ultima frase, che rivela, se mai ce ne fosse stato bisogno, tutta la "fascistaggine" dell'autore.
La cosa è compensata dagli altri due saggi, entrambi di Domenico Cammarota, "Storia della Fantasia Eroica italiana" (pagg. 195-211) e "Il mito dell'Heroic Fantasy" (pagg. 383-398) che fanno anche, ampi riferimenti all'appropriazione che l'estrema destra ha fatto di tanta fantasy,
ridimensionandone ampiamente e documentatamente le pretese.
Ma andiamo ad esaminare i racconti.
Il primo è "Giulio l'uccisore", di Claudio Asciuti (pagg. 27-48): come dice Pilo nell'introduzione, l'ambientazione tipica dei racconti di Asciuti sono i paesi
balcanici, visti: "...gli studi approfonditi che ha svolto, e continua tuttora a svolgere, sulla storia, i miti e il folklore di quei Paesi."
Questo racconto è appunto ambientato in quei paesi, negli anni dell'avanzata dei Turchi e della peste che li accompagnò. Un cavaliere, prode combattente, iniziato alla forza interiore da un Venerabile Maestro, perde la fede perchè tormentato dal rimorso di aver sverginato la Vergine Vendicatrice, la più grande delle condottiere, e averle fatto così perdere il suo potere: "...sapevi che quello che hai fatto avrebbe tolto a lei ogni protezione..." (pag. 40). Fugge, inseguito dalla Morte, qui personificata,
ma si riincontrano tutti e tre, e Rodice, la condottiera, quasi si fa uccidere per difenderlo dalla Morte, e lui ritrova il suo "Chi", la sua forza interiore.
La Morte lo capisce, e li risparmia entrambi: "Oggi, Cavaliere, hai imparato che la morte ha cento volti, ma non tutti sono malvagi come dicono quelli che la temono." (pag. 47).
Evidente il significato allegorico di questo racconto: l'amore è la chiave di volta per capire se stessi e gli altri, e questo sconfigge anche la Morte stessa.
C'è poi "Le quattro porte", di Tullio Bologna (pagg. 51-93).
Racconto piuttosto lungo, facente parte del Ciclo dell'Esarchia, che comprende anche, finora, "Il difensore dell'Esarchia" e "La triade protettrice dell'Esarchia".(vedi "Le ali della fantasia/2")
Nel mio articolo su "Le ali.../2" scrivo che il ciclo è ambientato in: "...un Medio Evo italiano alternativo... in cui il nostro paese si trova suddiviso in sei Esarcati...", ma quel racconto sembra proprio essere successivo, nella cronologia interna al ciclo, in quanto là: "...lo
sfaldamento di tale tipo di organizzazione nazionale (porta al raggiungimento) di un'unità sotto il controllo di un solo monarca."
Qui l'Italia sembra essere suddivisa ancor più che in sei Esarcati, ma comunque non è qui che va cercato il clou del racconto.
Esso è infatti incentrato sull'iniziazione del protagonista, Raniero, fratello del Podestà di Sena (Siena) e Comandante delle Guardie dello stesso, da parte di un
eremita vecchio e saggio. Iniziazione, tanto per intenderci, che ricorda alquanto quella che avvenne in "Karatè Kid", anche se qui le arti marziali sono sostituite dal duello cavalleresco classico.
La storia si ravviva nel finale, nel quale il Nostro deve affrontare quattro duelli sovrannaturali in altrettanti ambienti sovrannaturali, indotto a ciò da un mago nero con tanto di servitori repellenti: "...un essere quasi del tutto umano, dal muso e dalle orecchie canini..." (pag. 84); "...un essere... con le ali membranose... attaccate alle scapole... un elementale..." (pag. 86).
Evidentemente, per la strutturazione del finale, che è solo un episodio di un Ciclo.
Segue "La rivolta dei Pentecostali neri", di Domenico Cammarota (pagg. 97-112). Racconto molto forte, dai toni crudi, narra della rivolta di un popolo sottomesso con la forza ed asservito, che massacra e violenta il suo
oppressore.
I Pentecostali sono amici degli elfi, degni gnomi e delle streghe, massacrati a loro volta dagli stessi Gondrani, e sono proprio gli elfi a fornire loro le armature
di bronzo che li rendono invincibili.
Tra di loro ci sono anche dei mutanti, resi tali da una micidiale arma fornita ai Gondrani dai Lokiti: "...venuti da un altro pianeta..." (pag. 110).
E tutti insieme alla fine, festeggiano lo sterminio dei nemici e la vittoria: "Da ogni angolo del bosco, sbucarono gli abitanti della montagna incantata; erano gnomi, elfi, coboldi, streghe e folletti, ma anche semplici storpi, nani,
reietti mutanti e banditi che venivano ad assistere al gran rogo purificatore che annunciava la fine del vecchio mondo, e l'inizio di una era di libertà" (pag. 112).
Evidente, quindi, una certa qual contaminazione, che rende questo racconto assimilabile al sottogenere della Science fantasy, soprattutto quando nel finale c'è una
battaglia aerea con "...strani vascelli...", evidentemente fra i Lokiti e gli Dèi, che non può non far pensare ad una battaglia fra due razze aliene.
Si prosegue con "La ballati di Tirivel", di Adalberto Cersosimo (anche in appendice a "Gli esuli delle stelle", di Andre Norton, "Solaris" n. 11, ed. Garden, '88 e in "Futuro Europa" n. 32, ed. Perseo libri, 2002-premio "Italia" '85; tradotto in finlandese come "Sauva, koira ja sotakirves", "Portti" # 1, '92-tradotto in finlandese come "Sauva, koira ja sotakirves", "Portti"
n. 1, '92; pagg. 115-47).
Narra la storia della ribellione degli umani di una regione di una Terra asservita ad un popolo extraumano: "Quelli Venuti da Fuori sono una razza antica... si divisero il nostro mondo, in un'era ormai dimenticata..." (pag. 133).
Questi alieni: "...sembrano fatti dell'essenza stessa del male e sanno estrarre dall'intimo dell'uomo le ombre viscide e cattive che vi albergano." (pagg. 118-9), e possono: "...cambiare a piacimento la materia dello spazio, del (loro) corpo..."; il loro "...animo invecchiava in un corpo sempre giovane." e "...sembrava che la sofferenza degli uomini (li) rinforzasse con l'effetto di un cibo, (li) esaltasse come una droga." (pag. 127).
Il protagonista cavalca un drago, e poi si oppone a questa tirannia fino ad aggregare attorno a sè un vero e proprio esercito che sconfiggerà gli alieni.
Il finale ha un risvolto che fà trapelare l'origine di questi alieni, che potrebbero essere niente meno che i superstiti della perduta Atlantide: "...una regione un tempo culla d'una grande civiltà vecchia di eoni... un'isola
sprofondata nell'oceano ormai da millenni..." (pag. 144).
-"Il dito d'oro", di Enzo Conti (pagg. 151-70), è un racconto facente parte del Ciclo di Alidor di Seeregonn, che comprende anche il romanzo breve "Il patto" (vedi "Gli occhi della notte").
Di quello rimane, pertanto, la protagonista, Alinor di Sregoon, la prostituta-guerriera, e la sua spada magica, Nahor del Tumulo, che non può non ricordare, data la sua
caratteristica di vita semi-propria, la Spada Nera di Elric di Melnibonè, di Moorcock.
E anche qui si narra della quest di un oggetto sacro, indispensabile per la lotta contro i superstiti del Primo Diluvio: "I figli di Ynywl, mostri primigeni generati prima del Diluvio o sopravvissuti ad esso, grazie a chissà quali
oscure e innominabili stregonerie. "(pag. 164).
Vi sono demoni violentatori, e si accenna ad un Rito di Passaggio, "...il Pellegrinaggio dell'Antico Serpente." (pag. 157).
È, sostanzialmente, quella di Conti, una fantasy religiosa, ma anche questo racconto, come quel romanzo breve, risente molto del fatto di fare parte di un ciclo, risultando, in sè stesso, assai poco a sè stante.
-"L'eremita", di Michele Martino e Daniele Bonelli (pagg. 173-92), è un vero e proprio seguito di quel: "Il mantello scarlatto", finalista al Premio
"Tolkien" '81 (vedi "Le ali della fantasia/2").
Vi si ritrovano infatti tutti e cinque i personaggi di quello, e la trama è immediatamente susseguente a quella.
Qui si vengono a svelare legami del tutto inaspettati fra i personaggi, oltre al fatto che il finale lascia ampiamente presagire futuri sviluppi.
Ed ecco "La seconda notte di Uther", di Adolfo Morganti (pagg. 215-47). Comincia come un racconto storico della lotta fra Sassoni e Britanni, ma che poi sfocia nel fantastico, spostandosi in un mondo parallelo popolato da mostri provenienti dall'inconscio stesso del protagonista.
Decisamente misterioso, come è abitudine dell'autore, è praticamente, la narrazione di un'iniziazione di cui si sa poco o nulla: "...tu non devi morire; semplicemente, non puoi farlo... il tuo destino è di attraversare fiumi di
fuoco, di sentire la potenza, di proteggere la terra e dissodare il tuo cuore grinzoso" (pag. 239), perpetrata niente di meno che dal mago Merlino, visto che il protagonista è Pedragon, quello di Rè Artù.
Vi è una bellissima scena onirica, un drago, un morto vivente e uno specchio irridente con un doppio inquietante, e, purtroppo, un lungo duello, anche se, in effetti, del tutto essenziale per la trama.
Ancora, "Il dispensatore di futuri", di Gianni Pilo (anche in "Sf...ere" n. 16, '81; pagg. 251-65).
Racconto decisamente bruttino, come d'altronde io ritengo essere l'intera produzione di Pilo, che è molto infantile, soprattutto nello stile.
Fa parte, tanto per cambiare, di un vasto ciclo di science fantasy, di cui però finora sono state pubblicate poche cose, di cui sicuramente la più consistente è il
romanzo "La saga dei Virhel", anche là, auto-pubblicata
dall'autore-curatore delle collane della Fanucci.
Non spenderei altre parole, oltre al fatto che la presentazione per, almeno, non auto-presentarsi, è di Sebastiano Fusco; che lo esalta: de gustibus...
C'è poi "Lo scrutatore del buio", di Benedetto Pizzorno (pagg. 269-97).
Buono, sfrutta l'espediente della narrazione nella narrazione, e racconta della lotta di un popolo contro i draghi, divoratori degli animali che sono alla base di
tutta la loro vita. Pieno di intrighi di Palazzo, ha un finale che ribalta il senso del primo dei brevi capitoletti di cui è composto.
Penultimo è "Velluto e mogano", di Mariano Rampini (pagg. 301-34).
Veramente ottimo, è decisamente anomalo inserito in un'antologia di heroic fantasy.
È infatti ambientato al di fuori del Tempo, su delle Navi che: "...erano gli unici collegamenti che univano tra di loro le isole lontane dei tempi possibili..." (pag. 309), che navigano sul Mare delle Possibilità.
Vi sono i Cambiamenti nelle linee del Tempo, ed è proprio per evitare uno di questi che i protagonisti, guidati dal Poeta, combattono i Cani della Notte, per sconfiggere i loro acerrimi nemici, la signora delle Ombre e la Volpe. Ma non è tanto questo l'importante; l'importante, direi, è l'approfondimento psicologico dei
personaggi, evidenziato anche da Pilo nell'introduzione; veramente magistrale la scena in cui i protagonisti sconfiggono un'insidia della Signora delle Ombre
trascinati dalle rievocazioni appunto poetiche del Poeta: "...piansero per tutto quello che avrebbe rubato ancora in futuro..." (pag. 319), e anche quella in cui attraversano una parte della Nave dominata dalla Volpe e si
imbattono in una trappola psicologica: "In ogni specchio viene proiettata un'immagine di ciò che potremmo essere, ed ogni specchio è una strada aperta verso futuri chiusi da cui sarebbe impossibile tornare." (pag. 315).
Un racconto surreale, quindi, più che di vera heroic fantasy, pur se c'è il duello di dovere, anche se con spade laser.
In ultimo "Il ritorno di Lupa Bianca", di Gianluigi Zuddas (pagg. 337-79).
Ambientato nel 7206 dopo Cristo, vede una società risorta dal disastro nucleare (è il 5074 dopo l'Apocalisse, anche), con, classicamente, una religione Apocalittica:
"...secondo cui la scienza conduce alla distruzione." (pag. 372), e che, quindi: "...aveva messo all'indice la conoscenza e la tecnica..." (pag. 357).
La storia è tenue, delicata, con una discendente dei discendenti della Lupa Bianca, mitica fondatrice dell'Impero, che, rivestendone le sembianze, fa cessare le
ingiustizie sociali e ripristina il credo neocattolico.
Per concludere, abbiamo visto racconti, molti dei quali piuttosto lunghi, di buon livello, escludendo senz'altro quello di Pilo, e che affrontano l'heroic fantasy da angolazioni differenti, e su cui, secondo me, spicca quel
"Velluto e mogano" di Rampini, anche se, in effetti, come abbiamo detto, è atipico.
Attualmente questa antologia, nel catalogo della Fanucci, risulta fuori catalogo, ma è di facile reperibilità nelle libreria specializzate.
Originariamente in "Algenib notizie" n. 16, ottobre '91
Le altre antologie heroic fantasy della Fanucci, in ordine cronologico:
questa
"Magie e stregoni"
"Eroi e sortilegi"
"Daghe e malie"
Vedi anche "Le spade di Ausonia", "I guerrieri di Ausonia", "Fantasia eroica italiana" e "Le armi e gli amori"
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